La Piccola Luce
Era troppo inverno e c’era troppo freddo. E l’acqua del lago era scura. Non si sa perché col freddo è più scura, ma sicuramente non è chiara come quando è primavera. In alcune parti si era pure formato del ghiaccio. E il suo odore era del tipo ‘non mi parlare, lasciami in pace’. Doc e Quack giocavano nuotando e andando sott’acqua. E quando uscivano scuotevano il becco. Erano due anatroccoli... E quando cercò di uscire non ce la faceva. In superficie del lago si era formato del ghiaccio. Come una porta dura e trasparente. Cercava di romperla, ma era troppo resistente per lui. Quack lo vedeva dietro quel vetro ghiacciato e ci saltava sopra per romperlo. Ma era troppo leggera. E contava le nuvole. Perchè quando era nervosa contava qualunque cosa.
Nel cielo scuro si aprivano buchi da dove la luce scappava. Mentre il fiume portava l’uovo dove tutto si perde. E lui galleggiava per andare dritto verso una roccia. Ma un pesce saltò fuori dall’acqua e dopo una giravolta in aria si tuffò davanti l’uovo. Due vecchie carpe, una nera l’altra argentata, lo seguivano attente per proteggerlo da tutto quello che poteva fargli male. Erano delle carpe salvatutto. Erano nate per salvare. Salvavano tutto. Anche quello che non aveva bisogno di essere salvato.
In quella riva del lago, tutto era come tra il cielo e la terra. Vicino c’era anche un ruscello. Era il suo posto favorito. Lo era diventato da quando aveva visto un tappo di sughero con una vela di carta su uno stuzzicadente. E perché faceva un rumore come una spugna che strofina l’orecchio... Doveva stare attenta solo a una cosa: al vento... Prima di morire, suo padre le aveva dato una piccola lanterna e le aveva detto che non si doveva preoccupare della luce ma solo della lanterna. Perché senza lanterna come la porti la luce? E le disse: “ Tienila sempre con te, così... se è notte non avrai paura”.
Era rimasto solo un buio vuoto. Tutto era scomparso: cielo, stelle, tartarughe, uccelli. Anche quello che l’anatroccolo non aveva mai visto, come le libellule... Era un ratto deformo, che aveva deciso di abitare nell’oscurità. Sì, deformo, non deforme, per distinguersi. In realtà era un ratto normalissimo, che voleva essere ammirato. Ma poiché normale non è motivo di grande ammirazione, si era convinto di essere deforme. E si era costruito una vita per questo... il suo scopo era quello di stare nel buio e inventarsi qualcosa di speciale. E in qualche modo ci era riuscito. Quel buio vuoto era il suo regno. E lui poteva dominare su tutto questo. La sua attività più importante, era quella di raccogliere dei frammenti di stelle...
Ma il vento voleva portarla via. L’anatroccolo la vedeva combattere, ma non sapeva cosa fare a parte dei gran salti e a sbattere le ali. E il vento lo spinse contro un girasole e strappò via la... Ma lei riuscì a aggrapparsi alle piume dell’anatroccolo che con un altro salto era arrivato giusto sulla sua direzione. E erano a terra. Un po' al riparo dal vento che sembrava cercare la... Lo sentivano scendere in basso tra i girasoli che li proteggevano. E loro cercavano sempre più protezione dal vento e andavano dove c'erano più girasoli. Il vento poi si calmò di colpo, come se qualcuno l’aveva spento. E ora i girasoli erano dovunque. Come un mare.
La Pietra Volante
Per un cucciolo di cane qualsiasi cosa è bella per giocare. E saltarci di sopra. Anche un nido di vespe. Ma il nido di vespe è pieno di vespe. E alle vespe non piace se ci salti di sopra. Allora quando quel cucciolo saltò sopra quel nido, le vespe sono uscite e lo hanno rovinato di punture... Il capitano si occupò bene di quel cucciolo. Lo guarì di tutto... E lo chiamò Argo, perché era il solo nome di cane che conosceva... E Argo lo trovò. E non sapeva come mai era lì. E lo scarabeo gli raccontò come si era salvato da tutto. E che si chiamava Ulisse. Ma che preferiva che lo chiamavano Nessuno.
Tra due rocce c'era un piccolo scarabeo. E correva verso una e poi verso l'altra. E per uno scarabeo andava forte. Era Mozart. Figlio di Mozart che era arrivato lì dal mare. Nella scatola di latta. Si stava preparando per la corsa.
Il suo villaggio era già in festa... Al centro del villaggio c’era la scatola di latta ammaccata... Si trovava dentro un cerchio di pietre bianche. Era diventata il loro monumento sacro. E nessuno poteva entrarci. Solo lo carabeo con la schiena verde. Questa scatola era rimasta vuota da quando erano arrivati dal mare. Gli scarabei brasiliani sapevano che le cose sacre devono restare sempre vuote.
Era già il tramonto. E c'era quella luce che non fa ombre. Gli uccelli negli alberi, cinguettavano come impazziti prima di andare a dormire. E c'era l'odore di asciugamano umido dello stagno vicino. E di colpo il suono di una trombetta di carnevale graffiava il silenzio. E vide di nuovo la pietra con le ali. Andava velocissima. Si avvitava su se stessa e poi spariva verso il basso per terra. E mentre spariva, faceva un rumore di foglie calpestate e di piccoli ramoscelli che si spezzano. Flamo voleva andare a vedere dov’era andata a finire questa pietra. E saltò giù dall’albero. Con l'ala ferita non poteva volare, ma solo rallentare la discesa. In quella condizione se c'era un pericolo, per lui era finita. E camminava verso dov’era andata la pietra volante. Prima vide le ali. Una sulla sua destra per terra. E un’ altra sul cespuglio di fronte a lui. E più in là, su un mucchio di foglie, c’era la pietra.
E lei si mise a cantare. E cantava la musica delle foglie che cadevano sullo stagno... Saria cantava la canzone della solitudine. Che esiste solo perché non si è con chi si vuole. Non perchè si è soli. E il Barone era uscito dall’acqua per ascoltare. E sentiva che in quella musica c’era sua papà e anche sua mamma. E che non lo avevano mai lasciato. Perché da qualche parte erano sempre con lui. Come gli alberi sono sempre un po’ dentro le foglie. Anche quando sono sull’acqua. E quel canto faceva scivolare la tristezza di Argo come con il sapone.
La nave andava in giro per il mondo. E in tutti i porti la riconoscevano per
quella bandiera. Chi la vedeva si chiedeva cos’era. Ma sapeva che dietro quella bandiera c’era una storia. Non era solo un disegno. E i bambini che la vedevano la copiavano su dei fogli di carta. Ormai sapevano che anche una pietra può volare. Se uno ci prova abbastanza. E alcuni bambini prendevano delle pietre e gli facevano delle ali. Ma solo pochi riuscivano a farle volare. Perché abbastanza è solo fino a quando ce la fai a farlo. Non fino a quando non ce la fai più. E quelli che non ce la facevano credevano invece che non avevano la pietra giusta. E cercavano altre pietre. Ma non riuscivano a farne volare nessuna. Perché nessuna pietra nasce giusta per volare.